Descrizione Progetto

Cesare Salvadeo: un viaggio nella solitudine urbana.

 

A pochi passi da casa mia c’è la stazione ferroviaria. Una piccola stazione di provincia solitamente pigra e indolente d’inverno, quando è frequentata da pendolari giornalieri, animata e frenetica nella bella stagione quando una folla incredibile di turisti si affanna a stipare i treni diretti alle Cinque Terre.

Questa massa di gente multietnica inganna l’attesa riversandosi nel locale simbolo nel mondo del mordi e fuggi: Il McDonald’s.

E qui, in questo luogo dove l’affollamento, il transito provvisorio, il vociare in una babele di lingue sono segni distintivi di un mondo in movimento, si assiste increduli alla solitudine umana, all’isolamento volontario nei propri pensieri, agli sguardi persi nel vuoto o sul piatto di plastica dove troneggia un triste hot dog accanto ad una coca cola, o sul display di un telefonino, un computer. Ormai è nata e si sviluppa sempre più una “look-down generation”.

L’impressione che si ha entrando in questo posto è quasi di tristezza, di alienazione, di precarietà.

E’ il rifugiarsi nella solitudine in mezzo alla moltitudine.

Cesare Salvadeo- Luogo solo

C’è uno spazio abitato di tanto in tanto, precario, transitorio. E seppur di passaggio, se vissuto a lungo, si finisce per essere quel luogo. Luogo solo.Cesare Salvadeo racconta il luogo dell’attesa e con esso il sentimento di solitudine che lì trova rifugio.

 

L’antropologo francese Marc Augé nel 1992, in Non-lieux. Introduction à une antropologie de la surmodernitè(opera tradotta in italia nel 1996, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità), annoverava i grandi fast food Mc Donald’s tra i “non luoghi”. Tuttavia, in una recente intervista, lo studioso ha affermato: “Non necessariamente Mc Donald’s è un non-luogo, perché se facciamo un’analisi oggettiva vediamo che ci sono giovani che lì trovano il loro spazio sociale”. Di fatti non è possibile dire che un “non luogo” è male e che un “luogo” è bene, in quanto per “non luogo” si intende propriamente uno spazio in cui non è possibile leggere relazioni sociali, mentre un “luogo” è lo spazio dove tale lettura è consentita.
Il Mc Donald’s della stazione ferroviaria negli scatti di Cesare Salvadeo è lo spazio delle “non relazioni”, per lo meno apparentemente. Uomini e donne ritratti nell’atto dell’attesa, tentando di colmare uno spazio che altrimenti sarebbe vuoto. Così il giovane musicista, l’anziano lettore, chi ne approfitta per riposare o chi aggiorna l’ultimo status Facebook.
Individuo alcuno ritratto sembra intrattenere relazioni con un altro da sé, così come rivela la postura dei corpi, accartocciati su se stessi. Eppure è uno spazio abitato dove, seppur di passaggio, trova rifugio l’individuo solitario- non solo, come vuole l’accezione negativa oramai divenuta comune- ovvero colui che è in aperto dialogo con se stesso.
Ovvia, nonché scontata a volte, appare la visione per cui gli “abitanti” dei cosiddetti “non luoghi” siano somiglianti più ad automi che ad esseri umani. Ma non è possibile che questi intrattengano invece comunque delle relazioni? E’ così improbabile credere che nel silente rumore di un affollato fast food trovi posto la riflessione individuale? In tal senso l’altro da sé non sarà che il “se stesso”.
Negli scatti di Cesare Salvadeo tali riflessioni individuali, o mondi interiori, divengono “pubbliche” abbandonando la loro natura intimistica, a causa di quella che può essere definita una vera e propria “collisione” con il mondo esterno. In tal senso il privato diviene pubblico dove l’intimità, deflagrata di ogni protezione, si pone come in vetrina. La solitudine degli individui solitari si vetrinizza, colmando lo spazio dell’attesa che diviene così spazio sociale.

Ilaria Sciadi Adel

Cesare Salvadeo

 

Nasce nel 1942 alla Spezia, città dove vive tuttora. A tre anni si trasferisce con la famiglia in Lunigiana, ove trascorre tutta l’infanzia e la giovinezza a contatto con la natura e con il mondo contadino.

Si avvicina alla fotografia fin da bambino, dopo aver ricevuto in dono una macchina fotografica di bachelite. E’ autodidatta, non frequenta scuole o corsi di fotografia, il suo maestro è il fotografo del paese che lo inizia ai segreti della camera oscura.

Inizia a divulgare le sue immagini a Monza, ove si trasferisce nel 1965 per ragioni di lavoro (sarà per 35 anni dipendente di una grande azienda di telecomunicazioni). Nella verde Brianza fotografa i dolci paesaggi delle Prealpi, ma anche la vita frenetica e tumultuosa degli anni sessanta.

Si iscrive ad un famoso circolo fotografico, il “Corona ferrea”, dove affina la sua tecnica e dove conosce molti celebri fotografi che passeranno al professionismo.

Nel 1969 ritorna alla Spezia e si dedica alla fotografia di reportage, a prevalente sfondo sociale. Frequenta circoli fotografici amatoriali e riporta notevoli successi in Italia e all’estero. Tuttavia abbandona ben presto il mondo dei concorsi per approdare ad un suo specifico linguaggio.

E’ del 1972 la sua prima grande mostra fotografica dedicata al mondo contadino della Lunigiana, terra dove ha vissuto per molti anni e alla quale è legato da un profndo vincolo affettivo.

Nel 1974 il suo lavoro sulla civiltà contadina lunigianese viene presentato a Milano. Di questo lavoro ne parla diffusamente la stampa nazionale e la RAI. Continua a lavorare nella sua terra di Lunigiana fino al 1982, anno in cui la sua opera sul mondo rurale in via di estinzione approda in una grande mostra al Centro Allende alla Spezia, dalla quale ne viene tratto successivamente il volume “Gente di Lunigiana-Fotografia contadina”.

Coltiva contemporaneamente un altro interesse fotografico, quello del reportage di strada o “street photography”, come lui lo definisce: immagini del vivere quotidiano colte al volo, istantanee di frammenti di vita, attimi “decisivi” carichi di ironia e, spesso, di poetico humour.

Numerose le mostre collettive e personali allestite nel corso della sua attività. Dirige da anni corsi di fotografia e collabora con agenzie e riviste del settore. Nel 2015 espone in collettiva in tre grandi città della Cina nell’ambito del Festival Internazionale della Fotografia.

Si sono occupati della sua opera emittenti televisive (TV locali e RAI), riviste e quotidiani quali: Il Giornale, La Nazione, Il Secolo XIX, Il Tirreno, Il Lavoro, Gente, Il Settimanale, Qui Lunigiana, Il Corriere Apuano, Progresso Fotografico, Il Diaframma-Fotografia Italiana, Corriere della Sera, Fotografare, Reflex, Idea Foto, Fotocomputer. Collabora con “Il Giornale”. Nel 2014 pubblica “Fifty”, cinquanta personaggi eccellenti della sua città.

 

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